Nel 2021 più del 76% delle assunzioni da parte delle aziende italiane sono state destinate ai “green jobs”. Si tratta di figure professionali richieste in ogni ambito dell’attività economica: dagli esperti energetici agli “ecochef”. Ad upday il punto di Marco Gisotti, giornalista e docente universitario esperto in materia: “100 Green Jobs per trovare lavoro” – scritto con Tessa Gelizio – è il suo ultimo libro sull’argomento.
L’edizione 2022 del Festival del turismo itinerante (Sorso, Sardegna) ha registrato un boom di presenze. Tra i suoi obiettivi c’era quello di promuovere un turismo sostenibile e a basso impatto ambientale: un cambio di mentalità che sta rivoluzionando non solo il turismo, ma gran parte delle figure professionali finora esistenti, e inventandone delle nuove. Sono i “green jobs”, ovvero quei lavori che pur contribuendo allo sviluppo produttivo di un Paese non hanno un impatto negativo per l’ambiente. Complice il vento di cambiamento innescato dall’ondata del movimento ambientalista Fridays For Future, queste professioni promettono di diventare i profili più richiesti sul mercato del lavoro nei settori più disparati. E in molti casi lo sono già.
Cosa sono i green jobs
“I green jobs non sono solo professioni dell’ambito tecnico-scientifico. Può definirsi un lavoratore green anche un gelataio che utilizza determinate materie prime e segue specifiche modalità lavorative: ciò che conta è che il suo lavoro non danneggi l’ambiente, ma anzi cerchi di preservarlo”. Marco Gisotti, giornalista ambientale e docente universitario, studia i green jobs da anni, da prima ancora che venissero chiamati in questo modo: “Il concetto di green job non è così recente, ma è soprattutto negli ultimi anni che l’argomento è esploso. Un fatto è stato determinante: il discorso che l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama tenne nel 2008 sulla necessità di investire nella ‘green economy‘ e nelle figure professionali a essa connesse”.
Nello stesso anno l’International Labour Organization (Ilo) e l’Un Environment Programme (Unep), rispettivamente l’Agenzia per il lavoro e il Programma per l’ambiente, entrambe emanazione delle Nazioni Unite, hanno messo nero su bianco il significato di “green job”: “Noi definiamo – si legge nel documento ufficiale – lavori verdi quelle attività lavorative nel settore agricolo, manifatturiero, amministrativo, dei servizi e nelle attività di ricerca e sviluppo che contribuiscono sostanzialmente nell’opera di salvaguardia o ripristino della qualità ambientale”.
Green jobs e mercato del lavoro
“Oggi più del 76% dei lavori richiesti – spiega Gisotti – prevede tra i requisiti competenze verdi (dati Unioncamere”. Nello specifico, Unioncamere ha calcolato che nel 2021 le aziende italiane hanno destinato oltre 3,5 milioni posizioni di lavoro a persone dotate di competenze verdi.
Chimici, esperti energetici, ma anche cuochi, esperti agricoli, estetisti e consulenti di marketing: le competenze green ormai rientrano nel curriculum delle più diverse figure professionali. “I giovani – prosegue Gisotti – sono i più interessati a questa rivoluzione del mondo del lavoro, a prescindere dal livello di formazione”. Le competenze green sono richieste soprattutto nella formazione tecnica superiore (per l’88,2% dei giovani usciti da ITS) e ai laureati (82,7%). Ma l’attitudine al risparmio energetico e la sensibilità ambientale sono un requisito necessario anche per chi si affaccia al mondo del lavoro con un diploma professionale o un titolo di studio di livello secondario (le “green skills” sono state richieste rispettivamente al 79,3% e al 76,6% dei nuovi assunti per quei livelli di istruzione).
Le professioni più richieste
“Fare una top ten dei green job più richiesti – avverte Gisotti – potrebbe essere fuorviante, perché si tratta di un ambito così vasto che non può essere rinchiuso in sole dieci professioni”. Tuttavia, guardando ai dati è possibile individuare le figure più cercate nel mondo del lavoro attuale.
Il più richiesto in assoluto è il “chimico verde”. Esperto nel controllo di qualità e in quello ambientale, può occuparsi dei processi di trattamento e di eliminazione dei residui di lavorazione, delle certificazioni e del trasporto, manipolazione e stoccaggio delle materie pericolose.
Il secondo posto è occupato invece dalla professione del cuoco, o meglio dell’ecochef. Quello dei servizi ricettivi è infatti tra i settori più interessati alla transizione ecologica. “Non si tratta di beneficenza, ma di un effettivo interesse per l’impresa. Spesso – chiarisce l’esperto – non si pensa al fatto che a molte aziende diventare green conviene perché questo significa ridurre l’impiego di materie prime o i consumi energetici. In una parola: tagliare i costi”.
Il terzo posto spetta infine alle figure del data analyst e del data scientist. Entrambe le professioni, sebbene con le loro specificità, studiano i dati disponibili per produrre nuovi modelli di business più vantaggiosi per l’azienda.
Le nuove professioni
Oltre ad aver modificato le competenze richieste per professioni già esistenti, la transizione verde sta facendo nascere anche nuovi lavori. Si tratta di profili necessari per rendere un’impresa sostenibile. Si va dall’esperto di marketing ambientale all’installatore di impianti di condizionamento a basso impatto ambientale, passando per l’esperto energetico e il programmatore agricolo della filiera corta.
“Le aziende – aggiunge Gisotti – hanno bisogno di questi profili, anche per il proprio rendimento economico. Un esempio su tutti, la creazione di incentivi statali come il superbonus ha reso indispensabili per molte realtà dotarsi di quelle figure capaci di certificare certi standard. Non solo, operare in modo sostenibile significa spesso tagliare i costi. Così ad esempio un’azienda agricola dovrà dotarsi di un programmatore della filiera corta per tagliare i passaggi necessari a raggiungere il consumatore. In questo modo l’azienda avrà un minor impatto ambientale, ma anche costi di produzione più vantaggiosi”.