Con l’Italia che vede le proprie emissioni di CO2 in crescita del 6% rispetto all’anno precedente, non si può dire che il 2022 sia stato un anno di svolta per i traguardi ambientali. Tuttavia sono stati fatti anche alcuni passi avanti, vediamo quali.
Dalle ondate di calore che quest’estate hanno colpito l’Europa intera al numero record di eventi meteorologici estremi registrati nel nostro Paese, nel corso del 2022 gli effetti peggiori della crisi climatica sono stati sotto gli occhi di tutti. In questo scenario, la politica ha provato a fare dei passi in avanti per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico, anche se non si è sempre dimostrata all’altezza degli obiettivi annunciati. Vediamo quali traguardi sono stati raggiunti e quelli su cui invece c’è ancora da lavorare.
Una Cop27 a metà, tra giustizia climatica ed emissioni
Si è conclusa il 20 novembre con un ritardo di 30 ore rispetto alla scadenza ufficiale, ma la Cop27 che si è tenuta a Sharm el-Sheik ha permesso ai 190 paesi che hanno partecipato ai lavori di raggiungere un accordo storico. Si tratta della creazione del fondo ‘Loss and damage’, che riconosce il diritto dei Paesi più poveri e più colpiti dagli effetti della crisi climatica a ricevere un indennizzo da parte dei paesi più industrializzati, che storicamente hanno contribuito maggiormente al cambiamento climatico.
Bilancio positivo, quindi? Non proprio, visto che i Paesi non sono riusciti a raggiungere un accordo per ridurre l’uso dei combustibili fossili. Un tema particolarmente urgente se si pensa che, secondo i dati dell’Emission Gap Unep, l’attuale livello di emissioni di gas climalteranti potrebbe causare un aumento della temperatura globale di 2.8°C entro fine secolo.
La Cop15 per la tutela della biodiversità, tra passi avanti e delusioni
Con la Cop15 sulla biodiversità di Montréal, i 193 paesi partecipanti hanno raggiunto un accordo definito un “patto di pace con la natura”. L’obiettivo del cosiddetto ’30 by 30′ è estendere la condizione di ‘area protetta’ ad almeno il 30% del Pianeta, ripristinare il 30% degli ecosistemi marini e terrestri degradati nonché proteggere i diritti delle popolazioni autoctone entro il 2030. Anche se si tratta di un importante passo avanti dal punto di vista ambientale, alcune associazioni hanno sottolineato la mancanza di un sistema di monitoraggio degli obiettivi raggiunti. Inoltre, come accaduto per la Cop27, non sono mancati i compromessi: i Paesi in via di sviluppo, che avevano chiesto aiuti finanziari da 100 miliardi di dollari all’anno per la tutela della biodiversità, si sono dovuti accontentare di 20 miliardi di dollari all’anno a partire dal 2025 (che dal 2030 diventeranno 30 miliardi).
L’Ue e la riforma del mercato Ets
L’Emissions trading system (Ets) dell’Unione europea è il meccanismo che dal 2005 regola lo scambio di quote di emissioni inquinanti secondo il principio del “chi inquina paga”. Il 19 dicembre, il Consiglio europeo e l’Europarlamento hanno approvato un’importante riforma di questo sistema che rientra nel Fit for 55, il piano che ha l’obiettivo di tagliare entro il 2030 il 55 per cento delle emissioni rispetto ai livelli del 1990.
Tra le novità introdotte, l’estensione del sistema Ets al settore dei trasporti, oltre a quello dell’industria e dell’energia, con l’obiettivo di tagliare il 62% delle emissioni dei settori coinvolti rispetto al 2005 entro il 2030. Ma anche l’introduzione graduale di una ‘carbon tax’ da applicare ai prodotti importati da paesi meno attenti alla salvaguardia del clima. Per tutelare i consumatori dagli eventuali rincari causati da questa riforma, l’Ue prevede di istituire un Fondo sociale da 86 miliardi di euro a partire dal 2026.
Le energie rinnovabili non decollano, le emissioni di CO2 sì
Secondo l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), nei primi nove mesi del 2022 in Italia le emissioni di CO2 sono cresciute del 6%. Un aumento dovuto al maggiore uso di petrolio (+8%) e di carbone (+47%), che sono quasi tornati ai livelli pre-pandemici. Ma anche a un minore sfruttamento delle energie rinnovabili: la produzione di energia idroelettrica è infatti diminuita dell’11% a causa della siccità, con solare ed eolico che, nonostante siano in aumento, non sono riusciti a compensare questo calo. Dall’analisi Enea emerge che l’indice della transizione energetica Ispred quest’anno ha subìto una diminuzione significativa (-60% negli ultimi tre mesi): se il nostro Paese non ricomincerà a investire nella decarbonizzazione, corre il rischio di allontanarsi dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030.
La tutela dell’ambiente e degli animali entra nella Costituzione
L’8 febbraio la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi è entrata ufficialmente in Costituzione. Si è trattato di un passaggio storico per il nostro parlamento, raggiunto grazie alla modifica di due articoli: nell’articolo 9 è stato introdotto un passaggio dove si afferma che la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Nell’articolo 41, invece, si stabilisce che l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto “alla salute e all’ambiente” e che l’attività economica pubblica e privata deve essere indirizzata “a fini sociali e ambientali”.
Manca ancora un piano di adattamento ai cambiamenti climatici
Dopo l’alluvione nelle Marche e soprattutto in seguito alla recente frana sull’isola di Ischia, in molti hanno sottolineato che in Italia manca ancora un Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico (Pnacc). Il Piano, che ha l’obiettivo di stabilire la vulnerabilità delle zone e dei settori più colpiti dai cambiamenti climatici e di aumentarne la resilienza, risulta in lavorazione dal 2016, ma non è stato ancora approvato in via definitiva. La sua versione più aggiornata risale al 2018: per questo motivo contiene strategie e indicazioni che risultano già superate.
Riparte la produzione nazionale di gas
“Dalla crisi energetica può nascere un’occasione: abbiamo il dovere di sfruttare a pieno i giacimenti di gas nei nostri mari”. Con queste parole, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha affermato l’intenzione del suo governo di aggiornare la mappa delle zone idonee all’estrazione di gas e sfruttare i 112 miliardi di metri cubi di metano stimati in Italia dal Ministero della Transizione ecologica. Una decisione bocciata dalle associazioni ambientaliste italiane, con Greenpeace, Legambiente e Wwf che hanno evidenziato come il governo stia andando nella direzione opposta rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione, favorendo l’uso di energie da fonti fossili.
L’Italia è il primo Paese in Europa per riciclo di rifiuti
Il nostro Paese è leader europeo del riciclo dei rifiuti. A dirlo è il report Il Riciclo in Italia 2022 realizzato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile. Se nel 1997 la raccolta differenziata dei rifiuti urbani si fermava al 9,4%, nel 2020 è arrivata al 63%, con appena il 20% dei rifiuti che finisce in discarica. Complessivamente, nel 2020 l’Italia ha riciclato il 72% di tutti i rifiuti, tra urbani e industriali, superando ampiamente la media europea, che è pari al 53%.
E i fondi del Pnrr?
I miliardi di euro del Piano di ripresa e resilienza sono ripartiti in sei missioni, tra cui ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica‘ (59,46 miliardi di euro, pari al 31 per cento del totale dei fondi) e ‘Infrastrutture per una mobilità sostenibile‘ (25,40 miliardi). La missione legata alla transizione ecologica riguarda diversi aspetti, dall’agricoltura sostenibile all’efficientamento energetico degli edifici, passando per una migliore gestione dei rifiuti e delle risorse idriche. Concentrandosi proprio sulla gestione dell’acqua, il Sole 24 Ore sottolinea che, dei 3,8 miliardi di euro investiti, la maggior parte dei fondi è stata destinata ai territori effettivamente più problematici dal punto di vista idrico. Bisognerà vedere se agli investimenti seguirà anche una realizzazione efficiente degli interventi programmati.