L’olio di palma è tornato a essere un ingrediente appetibile per l’industria alimentare a causa della guerra in Ucraina. Il conflitto sta mettendo in crisi le spedizioni di olio di semi di girasole, considerato da tempo un’alternativa più sostenibile a quello di palma. Secondo il ministero dello Sviluppo economico, le aziende possono dichiarare l’uso di oli alternativi senza dire esplicitamente che si tratta di olio di palma. L’azienza dolciaria Balocco ad upday: “Ci adattiamo alle indicazioni del ministero”.
di Valeriano Musiu
Le forniture di olio di girasole
L’offensiva russa in Ucraina ha interrotto più della metà delle forniture globali di olio di girasole. Un ingrediente che si trova in prodotti come patatine, biscotti e burri vegetali. Ma anche maionese, creme spalmabili, pasta ripiena, sughi e surgelati. Russia e Ucraina forniscono il 65% dell’olio di girasole di tutto il mondo. Il conflitto, però, ha causato ritardi nei raccolti, problemi di trasporto e anche un notevole aumento dei prezzi.
L’azienda inglese Iceland foods ha raccontato a Bloomberg Businessweek che, dopo aver eliminato l’utilizzo dell’olio di palma nel 2018, ora è tornata a usarlo in almeno 25 prodotti. A beneficiare di questa situazione potrebbero essere i Paesi produttori di olio di palma. In particolare Indonesia e Malaysia, che esportano rispettivamente il 56 e il 31% dell’approvvigionamento globale.
I problemi dell’olio di palma
Derivato della palma da olio, si distingue per la sua versatilità e si è spesso rivelato prezioso per gli utilizzi industriali più disparati. Ma negli anni la sua produzione ha causato la distruzione delle foreste pluviali nel sud-est asiatico e compromesso l’habitat degli oranghi, una specie in via d’estinzione. Altre conseguenze sono state lo sfruttamento del lavoro e l’inquinamento provocato dal suo trasporto.
Ci sono stati inoltre numerosi dibattiti circa i possibili effetti nocivi di questa sostanza sulla salute. Attualmente non ci sono elementi per affermare che l’olio di palma sia dannoso. Tuttavia, avendo un elevato contenuto di acidi grassi saturi, il suo consumo non è consigliabile in grandi quantità. A partire dal 2015 molte aziende lo hanno eliminato, esibendo lo slogan “senza olio di palma”.
La situazione in Italia
L’Italia produce una quantità limitata di olio di girasole. Assitol, l’associazione italiana dell’industria olearia, fa una stima di 250mila tonnellate di olio grezzo, poco più del 30% del fabbisogno totale. Secondo i dati Istat elaborati dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), il 46% delle importazioni italiane di olio di semi di girasole nel 2021 proviene proprio dall’Ucraina. Secondo il Crea, la difficoltà nelle forniture si traduce nel maggiore impiego di olio di palma.
“Subito dopo le prime settimane di guerra”, racconta ad upday Andrea Carrassi, direttore generale di Assitol, “si è cercato di far proseguire le forniture di olio di girasole dapprima via camion e poi via treno. Ultimamente è tornato disponibile anche il trasporto via mare, ma le forniture arrivano a singhiozzo. Chi ne aveva la possibilità ha cercato da subito delle alternative”, aggiunge Carrassi. È il caso, ad esempio, dei produttori di snack salati, che hanno optato per l’olio di oliva. Diversa la situazione per le aziende dolciarie che, non potendo ripiegare su oli dal sapore forte, hanno reintrodotto l’olio di palma, “più idoneo per preparazioni come gelati e creme spalmabili, perché è un grasso dal sapore neutro”, conclude Carrassi.
“Usano l’olio di palma, ma non lo dichiarano esplicitamente”
Viste le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, l’11 marzo 2022 il ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato una circolare che consente all’industria alimentare di riportare nella lista degli ingredienti la dizione generica “oli e grassi vegetali”, specificando le tipologie presenti in considerazione delle forniture disponibili, ad esempio “oli e grassi vegetali (girasole, palma, mais, soia, ecc.)“.
“Di fatto – commenta Coldiretti in un comunicato – l’industria alimentare ha la possibilità di usare l’olio di palma senza dichiararlo esplicitamente”. Contattata da upday, l’azienda dolciaria Balocco fa sapere che “colpiti dagli eventi legati alla guerra in Ucraina, per fronteggiare la situazione abbiamo applicato le direttive previste dal Mise”. In Italia il 95% di olio di palma importato per uso alimentare ha il certificato di sostenibilità, secondo l’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile. Tuttavia, solo un quinto di quello prodotto a livello globale nel 2020 è stato certificato sostenibile. Se è vero che negli ultimi anni la deforestazione per le piantagioni è diminuita in Indonesia e Malesia, il nuovo aumento della domanda potrebbe annullare questi progressi.