Il Mediterraneo è sempre più a rischio a causa dell’aumento delle emissioni, in particolare di Co2 e metano, e delle ondate di calore. Lo rivelano i dati presentati dall’ente pubblico di ricerca italiano Enea nell’ambito dell’evento organizzato per celebrare i 25 anni dell’osservatorio climatico di Lampedusa.
La temperatura media del mar Mediterraneo, che negli ultimi 100 anni ha subito un incremento di oltre 1.5°C, sta aumentando molto più della media globale e sono sempre più frequenti fenomeni come le ondate di calore intense e durature, con temperature del mare che nel 2022 hanno raggiunto i 30 gradi e che mettono a rischio la biodiversità, modificando gli habitat di varie specie e influendo principalmente su pesca, acquacultura, condizioni atmosferiche ed evaporazione. A rivelarlo è l’osservatorio climatico Enea di Lampedusa.
Come funziona l’osservatorio
Si trova a cinque chilometri dalla costa ed è una boa hi-tech dotata di sistemi sensoristici avanzati che consente lo studio delle proprietà chimico-fisiche delle acque, la validazione delle osservazioni satellitari e rende disponibili alla comunità scientifica dati meteorologici, di temperatura, radiazione, pressione, pH ma anche clorofilla e materia organica disciolta a varie profondità.
L’osservatorio atmosferico è utilizzato inoltre per lo studio di altre grandezze fondamentali per gli effetti sulla radiazione solare e infrarossa e sul ciclo dell’acqua, tra cui vapori d’acqua, nubi, aerosol e altri gas serra quali il protossido di azoto, i composti alogenati, ma anche il metano, responsabile di più del 30% del riscaldamento antropico del clima.
Il ruolo della Co2
Alle misure atmosferiche e oceanografiche a breve si aggiungeranno anche quelle relative agli scambi di Co2 tra vegetazione e atmosfera, permettendo di avere un quadro complessivo integrato sugli scambi e la distribuzione della Co2 e di energia tra mare, terra e atmosfera che regolano il clima di tutta la regione.
Dalle rilevazioni dell’osservatorio emerge che nell’ultimo quarto di secolo la Co2 è aumentata da circa 365 a circa 420 parti per milione (+15%), il metano da circa 1825 a 1985 parti per miliardo (+9%), mentre la temperatura media è aumentata di circa 0.5 gradi centigradi, insieme alla frequenza e, intensità delle ondate di calore.
“Prima della rivoluzione industriale il contenuto atmosferico di Co2, uno dei principali gas effetto serra prodotti dalle attività umane che influiscono sul clima, si attestava intorno alle 280 parti per milione, mentre nel 1992, quando abbiamo iniziato le misure dell’anidride carbonica a Lampedusa, erano circa 350 parti per milione”, evidenzia Alcide di Sarra del laboratorio Enea di osservazioni e misure per l’ambiente e il clima. “Ad oggi abbiamo registrato 420 parti per milione, con un incremento fortissimo negli ultimi 25 anni pari a circa il 15% e un tasso di crescita annuale che è passato da 1.7 ppm/anno a circa 2.6 ppm/anno. Questo incremento, abbinato all’aumento delle temperature che stiamo registrando, preoccupa anche a causa della possibile riduzione della funzione di assorbimento della Co2 in eccesso, normalmente svolta da oceano e vegetazione”.
“Questi dati mostrano la necessità di intervenire rapidamente per implementare politiche di riduzione delle emissioni di Co2, ma anche degli altri gas ad effetto serra di produzione antropica come il metano, in coerenza con gli obiettivi europei della neutralità climatica entro il 2050”, evidenzia la ricercatrice Enea Tatiana Di Iorio. “Si tratta di una sfida essenziale per il futuro dell’Europa e del pianeta, e in particolare del Mediterraneo, una delle aree più sensibili ai cambiamenti climatici dove gli impatti sull’ambiente possono essere critici e che oggi più che mai è a rischio”.
Fonte Agi