Esposizione a particolato sottile, biossido di azoto e ozono. In Europa si muore di inquinamento. Nonostante il miglioramento degli ultimi anni, preoccupano i nuovi dati dell’Agenzia europea dell’ambiente.
Novantasei cittadini europei su cento in aree urbane sottoposti a concentrazioni di particolato fine (Pm2,5, particelle disperse in atmosfera) superiore al livello fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e 238mila persone morte prematuramente a causa delle polveri sottili nel 2020. Alle quali si aggiungono le 49mila morti premature da inquinamento da biossido di azoto e i 24mila decessi a causa di esposizione all’ozono. Per un totale di 311mila.
Sono gli ultimi dati pubblicati dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) nel report annuale sulla qualità dell’aria in Europa. Numeri che preoccupano nonostante il miglioramento degli ultimi anni (nell’Unione europea, i decessi prematuri dovuti all’esposizione al Pm 2,5 sono diminuiti, dal 2005 al 2020, del 45%) e gli obiettivi da qui al 2030 di ulteriore riduzione delle morti premature a causa dell’inquinamento (diminuzione del 55% rispetto al 2005).
I morti in Italia: oltre un quinto dell’Unione europea
L’Italia rappresenta, con 52.300 morti premature nel 2020 per esposizione a particolato sottile (Pm2,5), oltre un quinto dei morti dell’Unione europea (238mila totali). Quello italiano è il numero più alto in termini assoluti. Il nostro Paese è seguito da Polonia, Germania, Romania e Spagna. Gli anni di vita persi sono 462.300, 775 ogni 100mila abitanti. Non va meglio per le morti causate da esposizione a biossido di azoto, 11.200 in Italia sulle 49mila europee, e quelle da esposizione a ozono, 5.100 in Italia (24mila in Europa). Nel caso del biossido di azoto, l’Italia è seguita, per numero di morti premature in termini assoluti, da Germania, Spagna e Francia. Per i decessi causati da esposizione all’azoto, il nostro Paese è seguito ancora da Germania, Francia e Spagna.
Oltre alle morti premature, l’inquinamento causa problemi di salute e comporta costi significativi per il settore sanitario.
L’aria in Italia
La Pianura Padana registra forti concentrazioni di Pm10 (particolato fine). Accanto al nostro Paese, nel 2020 e 2021, hanno registrato valori sopra il limite alcuni Stati dell’Est Europa. Dati che si ripetono per il Pm2,5, con forti concentrazioni nell’Italia settentrionale, che risultano molto elevate, sempre nelle stesse aree, anche per l’ozono.
Le fonti di inquinamento
Secondo il rapporto dell’Eea, la principale fonte di inquinamento da particolato è la combustione per il riscaldamento degli edifici, che è andata a incidere, nel 2020, sul 44% delle emissioni di Pm10 e sul 58% di quelle di Pm2,5. Seguono poi industria, trasporto su gomma e agricoltura. Quest’ultima è responsabile del 94% delle emissioni di ammoniaca e del 56% di quelle di metano. Per quanto riguarda gli ossidi di azoto, i maggiori inquinatori sono trasporto su gomma (37%), agricoltura (19%) e industria (15%).
Altre conseguenze dell’inquinamento
L’inquinamento atmosferico ha conseguenze dannose anche sugli ecosistemi terrestri e acquatici. Livelli dannosi di azoto a livello del terreno sono stati registrati, nel 2020, nel 59% delle aree boschive e nel 6% dei terreni agricoli europei. Gli impatti economici negativi di questo fenomeno sono stati quantificati, nel 2019, in 1,4 miliardi di euro di perdite sulla resa del grano in 35 Paesi europei.