Dicembre 3, 2022 VIVERE GREEN Nessun commento

In Italiale ondate di calore, la siccità e gli eventi meteorologici estremi di questa estate hanno distrutto le fioriture e quasi dimezzato la produzione di miele del 2022, una delle più basse degli ultimi anni. E mentre il mercato soffre, diverse specie di api risultano a rischio di estinzione, con potenziali effetti gravissimi sulla produzione globale di cibo.

L’Italia ha perso quasi la metà della sua produzione di miele nell’ultimo anno. A incidere su questo bilancio, secondo l’ultimo rapporto di Coldiretti, sono gli effetti della crisi climatica, che sta causando sempre più spesso fenomeni come ondate di calore e siccità prolungata da una parte, grandinate e nubifragi dall’altra. Questi eventi meteorologici estremi portano a una diminuzione delle fioriture, che per le api significa scarsità di cibo e, quindi, difficoltà a sopravvivere. Il calo della produzione di miele, però, non è l’unico aspetto problematico: se le api dovessero estinguersi ci sarebbero conseguenze molto più gravi per l’intera filiera agricola e alimentare.

Le perdite

Secondo le stime di Coldiretti, la produzione italiana di miele nel 2022 sarà di circa 13mila tonnellate, il 40% in meno rispetto alla produzione nazionale potenziale di oltre 32mila tonnellate. Nel 2021 era stata di quasi 12mila tonnellate e mezzo, tanto che l’Osservatorio Nazionale Miele l’aveva definital’annata peggiore dell’ultimo decennio”.

Quest’anno il calo riguarda tutto il territorio nazionale, anche se alcune Regioni sono più colpite di altre. La Basilicata, ad esempio, ha registrato un crollo dell’80%, le Marche del 60%, mentre Lazio, Umbria, Abruzzo, Sardegna e Valle d’Aosta hanno segnalato la loro produzione di miele dimezzata.

Il mercato del miele in Italia

Nel nostro Paese ci sono 1,5 milioni di alveari gestiti da circa 73mila apicoltori, mentre l’anno scorso sono state vendute 14.028 tonnellate di miele per un valore di 136 milioni di euro, con una diminuzione dei guadagni del 12,7% rispetto all’anno precedente. Nei primi cinque mesi del 2022 sono inoltre cresciute del 18% le importazioni dall’estero, soprattutto da Ucraina, Ungheria e Romania.

A livello mondiale, l’Europa è il secondo produttore di mielecon 231mila tonnellate e rappresenta il 12% del mercato globale. Al primo posto c’è la Cina. Ciononostante, l’Unione europea con la sua produzione interna riesce a coprire solo il 60% del proprio fabbisogno e importa il restante 40% soprattutto da Ucraina e da Pechino.

Ad aggravare la situazione del mercato italiano, che deve già fare i conti con gli effetti del cambiamento climatico, c’è anche l’inflazione. L’invasione russa dell’Ucraina e la crisi energetica hanno infatti causato un aumento dei costi dei materiali, dell’energia e dei carburanti necessari per l’attività dei produttori di miele.

L’emergenza api  

L’Osservatorio Nazionale Miele pubblica tutti i mesi dei report sull’andamento meteorologico e produttivo del miele nel nostro Paese. L’ultima analisi disponibile segnala che luglio 2022 è stato il secondo mese più caldo dal 1800, caratterizzato da “severe ondate di calore” e da una temperatura media nazionale più alta di 2,4°C rispetto alla norma. Il caldo è stato inoltre aggravato dalla mancanza di precipitazioni (-42% rispetto al 2021), che si è tradotta in una grave siccità.

“La situazione meteorologica”, si legge nel report, “hacondizionato negativamente sia la disponibilità di nettare che di polline, riducendo molto o azzerando del tutto i raccolti”. E, di conseguenza, le fonti di nutrimento per le api, già messe in difficoltà dalla mancanza di acqua.

A mettere a rischio la sopravvivenza delle api, tuttavia, non c’è solo la crisi climatica. Da qualche anno, infatti, si registra una presenza crescente di piante e insetti “alieni”, cioè introdotti in territori diversi dal loro contesto originario. Ma anche l’urbanizzazione e la cementificazione, l’uso di pesticidi, la crescente diffusione dell’agricoltura intensiva e il diffondersi di malattie costituiscono ulteriori minacce per questi insetti.

Le conseguenze sono già sotto gli occhi di tutti. Dagli anni Novanta si è registrato un calo del 25% delle specie di api rilevate. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), il 9,2% delle specie di api europee è a rischio di estinzione e in Italia sono circa 151 le specie di api selvatiche in declino. A livello globale, secondo il Wwf più del 40% degli impollinatori rischia di scomparire.

Impollinazione a rischio

Una scomparsa degli insetti impollinatori avrebbe effetti gravissimi sull’alimentazione umana. Le api giocano infatti un ruolo fondamentale nell’impollinazione di numerose colture e piante selvatiche. Secondo l’Ispra, questi insetti “sono responsabili di circa il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta e garantiscono circa il 35% della produzione globale di cibo”. Inoltre, la loro attività di impollinazione garantisce il 76% della produzione alimentare europea, per un valore economico che si aggira sui 14,2 miliardi di euro all’anno.

Per contrastare la scomparsa delle api e degli altri insetti impollinatori, l’associazione ambientalista Greenpeacesostiene che il primo passo sia eliminare l’uso dei pesticidi e delle sostanze chimiche più pericolose per le api. Alcuni passi avanti ci sono stati, con l’Unione Europea che ha vietato l’uso di tre insetticidi neonicotinoidi. Ma, nel loro piccolo, tutti possono fare qualcosa, soprattutto nelle aree urbane: ad esempio mettere in giardino o sul balcone fiori graditi dalle api, creare piccoli abbeveratoi e lasciare i prati al naturale.

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Written by Paola Olivieri