Uno studio dell’Istituto superiore di sanità evidenzia come le restrizioni durante la pandemia abbiano influito sull’incremento dei sintomi depressivi, specialmente tra i giovani fino ai 34 anni e tra le tante donne che hanno perso il lavoro. Abbiamo analizzato questi dati con una psicologa per capire meglio la situazione.
Il lockdown ha reso gli italiani più depressi
L’Iss ha svolto la prima ricerca in Italia, pubblicata sul Journal of Affective Disorders, che riguarda l’andamento dei sintomi depressivi tra l’inizio del 2018 e la fine del 2020. I dati raccolti in questo periodo attraverso le testimonianze di 55mila intervistati evidenziano come le restrizioni pandemiche abbiano alterato i ritmi di vita delle persone, con conseguenti effetti sul loro benessere psichico.
Secondo il rapporto e anche secondo la psicologa Valeria Belotti, le pesanti limitazioni imposte per contenere i contagi hanno sconvolto la vita delle persone “fin dalle prime settimane di pandemia”. Nei primi mesi di lockdown, tra marzo e aprile del 2020, rispetto allo stesso periodo dei due anni precedenti, la percentuale di persone depresse è aumentata (7,1% contro 6,1%).
C’è poi stato un un decremento tra maggio e giugno, dopo la revoca del lockdown (durato 68 giorni) e poi un nuovo e più cospicuo incremento nei mesi estivi di luglio e agosto. Infine è stato rilevato un ritorno graduale, entro la fine del 2020, ai livelli registrati nel biennio prima della pandemia.
All’impatto già devastante delle ondate di contagi, secondo la psicologa, si sono aggiunte una forte incertezza riguardo alle prospettive future, la mancanza di una rete di supporto familiare o comunitaria, restrizioni governative per limitare i contagi, didattica a distanza e lavoro da casa, ma anche l’obbligo di vivere ventiquattro ore al giorno con altre persone nell’ambiente domestico, che non ha sempre rinforzato i legami familiari, anzi. Queste dinamiche hanno contribuito all’insorgere dei sintomi. “Tra i più comuni ci sono stanchezza e debolezza cronica, alterazioni dell’umore, ansia e difficoltà del sonno“, racconta Belotti.
Chi sono le persone più colpite dalla depressione
In Italia, i più colpiti sono stati i giovani dai 18 ai 34 anni, preoccupati specialmente per il proprio futuro. Un dato piuttosto preoccupante e in controtendenza, considerando che normalmente i giovani rappresentano un gruppo a minor rischio di disturbi depressivi.
Altre categorie hanno mostrato una maggiore prevalenza di sintomi depressivi: si tratta di donne, giovani adulti e persone residenti nel Sud Italia. Al contrario, forse anche a seguito delle misure di sostegno finanziario adottate nell’autunno del 2020 dal governo, il rischio di depressione si è ridotto per le persone disoccupate e per i soggetti con difficoltà economiche.
Come riconoscere i sintomi della depressione
La depressione ha due caratteristiche generali attraverso le quali può essere riconosciuta e che possono presentarsi isolatamente o contemporaneamente: “Apatia, pianto incontrollato e mancanza d’appetito, ma anche perdita di piacere e di interesse, al punto che la persona non prova più stimoli verso attività che prima erano rigeneranti. Oltre a questi due criteri, di cui uno è sufficiente, devono essere presenti altri sintomi che compromettono il funzionamento del soggetto in molte aree di vita come quella lavorativa, familiare e sociale”, dice Belotti. Questi sintomi sono legati a disturbi del sonno, alterazioni alimentari, a un rallentamento o agitazione motoria, difficoltà di concentrazione e pensieri suicidi.
Importante promuovere interventi specifici partendo dalle scuole
Secondo il rapporto dell’Iss è necessario attuare interventi innovativi rispetto ai nuovi bisogni di salute mentale. Tra questi, è fondamentale potenziare le politiche che coinvolgano anche i luoghi di lavoro, ma soprattutto le scuole, frequentate dalla maggior parte dei soggetti che accusano sintomi depressivi.
“Sono il luogo dove i giovani passano la maggior parte del tempo e anche dove possono essere rintracciati più facilmente i primi sintomi di qualsiasi tipo di difficoltà. È sempre troppo poco incentivata la figura dello psicologo scolastico, così come servizi ad hoc d’intervento, supporto, sostegno e prevenzione”, dice Belotti.
L’introduzione del bonus psicologo sembra confermare una maggiore attenzione a questo tipo di disagi. Si tratta di un contributo economico destinato a chiunque voglia rivolgersi a uno specialista e che potrà coprire circa 12 sedute di terapia a chiunque abbia un Isee inferiore ai 50mila euro. “È un buon inizio, ritengo però ci sia la necessità di un intervento che coinvolga tutti i giovani perché spesso chiedere aiuto è il grande scoglio; il giovane fatica a sentirsi accolto e compreso poiché spesso trattato superficialmente, motivo per cui la difficoltà esce allo scoperto quando è già molto radicata”.
Oltre a questa misura, in Campania e Lombardia è stata introdotta la figura dello psicologo di base, inserita tra le cure primarie a carico del Sistema sanitario regionale. Il servizio in Lombardia dovrebbe partire con l’istituzione delle Case della comunità in autunno e i criteri per accedere alle cure del professionista saranno gli stessi già previsti per avere il medico di base.
Tra le altre iniziative, Belotti parla della presenza dei consultori pubblici dove “settimanalmente si riuniscono gruppi di sostegno e supporto, spesso aventi un tema ad hoc come aver subito un lutto durante la Covid, aver perso il lavoro o aver assistito ad un parente malato. Attraverso il consultorio pubblico si possono effettuare anche un pacchetto di colloqui ad una cifra pressoché irrisoria“.
Anche la World Health Assembly, nel maggio 2021, ha riconosciuto all’interno del piano d’azione globale per la salute mentale 2013-2030, la necessità di potenziare i servizi di salute mentale e l’Ocse, nel suo documento sull’impatto della pandemia sulla popolazione, ha previsto programmi di promozione della salute mentale non solo nel settore sanitario.