Dicembre 24, 2022 VIVERE GREEN Nessun commento

Secondo uno studio circa 160 specie di piante estinte potrebbero essere riportate ‘in vita’ usando i semi conservati nelle collezioni naturalistiche. Ecco quali specie vegetali sono coinvolte.

Uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Plants, ha analizzato il “potenziale di resurrezione” di oltre 360 specie vegetali attualmente considerate estinte. Nella ricerca sono state identificate 160 specie di piante candidate alla de-estinzione. Il lavoro è stato condotto da 32 istituzioni di tutto il mondo, coordinato da Thomas Abeli e da Giulia Albani Rocchetti del dipartimento di scienze dell’università degli studi Roma Tre, in stretta collaborazione con l’università di Pisa e con quella di Pavia.

Come ‘resuscitare’ le piante

La maggior parte di queste specie è probabilmente persa per sempre. Tuttavia, potrebbe esserci una possibilità di recuperare alcune di esse, come suggerito dalla scienza delle ‘De-estinzioni’ che si propone di sviluppare conoscenze e metodi per riportare in vita specie estinte. “Per quanto riguarda le piante”, dice Thomas Abeli, docente di biologia della conservazione dell’Università Roma Tre, “molte si riproducono per mezzo di semi che possono rimanere vitali per molti decenni o secoli e potenzialmente svilupparsi in individui adulti. Esiste dunque la possibilità di riportare in vita piante estinte i cui semi sono conservati nelle collezioni naturalistiche, in particolare negli erbari. Questa ricerca rappresenta il primo passo verso tale direzione e ha permesso di individuare circa 160 specie estinte di cui ancora esistono semi in oltre 60 erbari di tutto il mondo”.

Quali specie potrebbero tornare

I ricercatori hanno valutato i “candidati alla de-estinzione” in base a criteri quali la resistenza dei loro semi alla conservazione, l’età degli esemplari e l’unicità evolutiva delle specie. “Ciò è stato possibile perché i moderni strumenti analitici consentono oggi di gestire una grande mole di dati da sorgenti diverse tra cui anche la storia evolutiva delle specie”, aggiunge Angelino Carta, docente di botanica sistematica all’università degli studi di Pisa. Tale catalogazione rappresenta una base di primaria importanza sulla quale avviare il futuro recupero di specie estinte.

Andrea Mondoni, docente di botanica applicata all’università degli studi di Pavia, spiega che “tra queste specie spiccano diverse Leguminose (Fabaceae), come Astragalus endopterus dall’Arizona, Streblorrhiza speciosa dall’isola Norfolk e l’europea Vicia dennesiana, endemica delle Azzorre (Portogallo), note per la longevità dei loro semi”.

Benefici e rischi dei database botanici

Infine, la ricerca ha messo in evidenza i rischi e i benefici della recente proliferazione di database e aggregatori di dati, nell’era attuale della digitalizzazione e dei big data. Se da un lato questi strumenti hanno accelerato l’accesso ai dati sulla biodiversità, dall’altro lato possono velocizzare la diffusione di informazioni errate. Per esempio, nei casi in cui lo status di conservazione delle specie non sia aggiornato, le azioni di conservazione, in particolare per le specie gravemente minacciate, possono essere fuorviate. In collaborazione con il Botanic gardens conservation international (Bgci), il gruppo di ricerca ha identificato le incongruenze relative allo status di conservazione di specie vegetali in importanti database internazionali, scoprendo che ben 12 specie di piante considerate estinte non lo sono affatto, ma sono conservate in orti botanici o in natura.


Fonte Adnkronos

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Written by Paola Olivieri