Linee guida Iss per non correre rischi e riconoscere i sintomi.

Tempo d’estate, tempo di conserve, la stagione ci concede l’imbarazzo della scelta. Metodi tradizionali e naturalissimi per conservare gli alimenti, proprio come facevano le nostre nonne quando non c’era magari il frigorifero o quando bisognava fare scorte di cibo per i momenti di scarsa disponibilità, il più antico ed efficace metodo di conservazione dei prodotti. Prepararle è semplice, ma attenzione ai rischi derivanti dalle piccole distrazioni e da un’inadeguata conoscenza della materia. L’alterazione dei cibi a causa di batteri che possono crearsi con il passare del tempo è un argomento delicato da affrontare, e un pericolo che può essere scongiurato grazie a pochi accorgimenti.

 

Il più pericoloso microrganismo che può sopravvivere all’interno dei cibi mal conservati è il botulino, il veleno naturale più potente per l’uomo. Si nasconde in quanto ci sia di più innocuo all’apparenza, come le conserve della mamma: dai carciofini e le melanzane sottolio alle olive in salamoia. Può essere letale già in piccolissime dosi (un grammo di tossina pura può mettere in serio pericolo più di 14.000 persone se assunta per ingestione), anche se gli episodi di avvelenamento, fortunatamente sono rari. “In Italia si registrano ogni anno mediamente 20-30 casi, 5 dei quali mortali”. Il botulino è più resistente rispetto agli altri compari batteri perché prolifera anche in assenza di ossigeno, rendendo quindi vane le più classiche modalità di conservazione.

A sottolinearlo sono le “Linee Guida per la corretta preparazione delle conserve alimentari in ambito domestico”, presenti sul portale del Ministero della Salute.
Nel nostro Paese la prevalenza di intossicazione è più alta che altrove, perché abbiamo una radicata tradizione di conserve.
Ma abbiamo anche la migliore capacità diagnostica. Dal 1995 vige la notifica obbligatoria presso il Centro di Riferimento per il Botulismo presso l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), da cui arrivano i consigli per “l’arte della conservazione”. In primo luogo assicurare l’igiene personale e della cucina ed ispezionare bene le materie prime: mai usare quelle che “stanno quasi per andare a male”. Quindi sanificare correttamente i contenitori: non basta lasciarli per un paio di minuti in acqua bollente, ne servono 5-10. Una volta aperti, vanno conservati in frigo e per poco tempo, variabile a seconda del preparato: da poche settimane per la salamoia a quasi 2 mesi in caso di sottaceti.


Meno a rischio sono le marmellate, per via dell’acidità della frutta e dello zucchero che costituiscono un terreno in cui è più difficile per il batterio proliferare. Intervenire urgentemente con siero antibotulinico può salvare la vita, perché l’intossicazione può causare arresto cardiaco e respiratorio. Per questo è importante riconoscere i sintomi, che si manifestano circa 12-48 ore dopo l’ingestione del cibo contaminato, con scarsa mobilità oculare, difficoltà a mettere a fuoco, spossatezza, bocca asciutta, nausea e diarrea. Il tutto in assenza di febbre.

Written by Paola Olivieri